Omeopatia: mito e leggenda (3) – B-log(0) :B-log(0)
Ora che è tornata la calma, si può tornare a scrivere e riflettere senza fretta… proseguo quindi con la terza parte della serie di post sull’omeopatia (cliccate qui per la prima parte e per la seconda).
Eviterò di scrivere quanto già molti altri hanno detto prima e meglio di me, il mio scopo è semplificare i concetti in modo che siano comprensibili a tutti e magari anche piacevoli da leggere… se poi mi scappa qualche opinione personale che non vi convince potrete benissimo contestare nei commenti.
Vi anticipo subito che l’ironia contro certe multinazionali verrà altamenta diluita per evitare ulteriori contrattempi. 🙂
Sapete che la legge italiana consente una presenza di arsenico di 10 microgrammi per litro nelle acque minerali (quelle in bottiglia ma anche quella del rubinetto)? [fonte]
Prendiamo come esempio la famosa e costosa acqua Ferrarelle.
I dati dell’Euro Geo Surveys, pubblicati su “Le Science” in Italia ma che per semplicità trovate qui (pdf), indicano la presenza di 6,81 microgrammi di arsenico in un litro d’acqua. Questa modica quantità del letale arsenico non è ovviamente considerata pericolosa perchè viene comodamente assorbita dal nostro corpo.
Ma, indovinate un po’, quella minima ed innocua quantità di Arsenico equivale ad un rimedio omeopatico 4CH (diluito 4 volte in modo centesimale), una diluizione considerata piuttosto bassa dagli omeopati!
Quindi una quantità diluita in modo blando del letale arsenico non trasforma l’acqua in un veleno, anzi ce la beviamo tutti i giorni, mentre un intruglio omeopatico diluito centinaia e centinaia di volte in più avrebbe l’effetto di guarirci dalle malattie?
Non vi pare ASSURDO?
Purtroppo gran parte delle persone che usano l’omeopatia non è a conoscenza dei dettagli delle diluizioni e associano l’omeopatia alla medicina “naturale” (spero questi post servano a qualcuno!).
C’è però anche una minoranza ben informata che parteggia e usufruisce comunque della “medicina” omeopatica, e questa minoranza si divide in due gruppi:
1) quelli che, consapevoli dell’impossibilità scientifica dell’omeopatia, spostano il discorso sul campo metafisico/religioso in modo da rendere impossibile ogni dialogo razionale e serio: la loro fede è incrollabile;
2) alcuni eroici personaggi che cercano indefessamente di trovare un significato razionale all’omeopatia, nonostante l’evidenza del numero di Avogadro e l’illogicità delle diluizioni che, secondo l’omeopatia, aumentano la potenza del rimedio. Questo gruppo di persone sposta tutta l’attenzione sulla fisica quantistica o sulla “memoria dell’acqua”, ma soprattutto sulla dinamizzazione del “medicinale”…
Ripeto per chi si fosse perso qualche puntata: dopo ogni diluizione il preparato viene “scosso” vigorosamente per mescolare la minuscola quantità della soluzione precedente con l’acqua (o l’alcol) della successiva. Questo mescolamento viene detto “dinamizzazione”, “potentizzazione” o, in un sussulto di fantasia di qualche omeopata, “succussione”. (vedi precedenti articoli per maggiori dettagli).
Ma vediamo meglio il processo di realizzazione di questi rimedi.
Come si produce un rimedio omeopatico?
1) prendete una pianta/un insetto/parti di un animale che ritienete possa indurre sintomi simili a quelli della malattia che volete curare. Mettetelo a mollo in alcol o acqua per un po’, lontano dalla luce per evitare che quest’ultima possa alterare la chimica della soluzione iniziale (sic).
[fbshare]Il fondatore dell’omeopatia (Hahnemann) era solito usare “Mustela foetida” (estratto di ghiandola anale di puzzola), “Periplaneta americana” (scarafaggio americano), “Pediculus capitis” (pidocchio dei capelli) e “Pulex felis” (pulce di gatto), insomma… liberate la vostra fantasia!
2) dopo un certo tempo (quanto basta) strizzate il tutto per estrarre la parte liquida intrisa della sostanza di partenza. Abbiamo la “tintura madre“.
3) potenziate la tintura madre diluendola in acqua o alcol. Più la diluite, meglio è. Ad ogni diluzione, effettuate la dinamizzazione del flacone come Hahnemann comanda (100 colpi ben assestati contro un libro a copertina rigida ben appoggiato su un tavolo). Abbiamo il rimedio omeopatico!
4) applicate un prezzo direttamente proporzionale al numero di diluizioni effettuato.
La “magia” omeopatica sta quindi tutta nella fase di “succussione”: senza di essa l’intera omeopatia crollerebbe come un castello di sabbia, per ovvi motivi: nelle sorgenti troviamo centinaia di sostanze diluite nell’acqua in varie percentuali… come mai bevendola non subiamo alcun effetto collaterale?
L’acqua si “ricorda” delle molecole di principio attivo solo quando serve agli omeopati e negli altri casi invece si dimentica?
I pro-omeopatia spiegano questa evidente incongruenza con l’assenza di una “dinamizzazione” della soluzione che ne attivi la reale potenza guaritrice… ma se è così importante allora andiamo a vedere in cosa consiste questa magica energizzazione! Ci saranno sicuramente delle ferree regole da seguire, dei macchinari studiati apposta per produrre l’esatta forza necessaria a far “memorizzare” il rimedio all’acqua… oppure no? Ve lo anticipo: NO.
Ecco un interessante video:
Veramente ci sono persone con background scientifico che sono disposte a credere che questa mossa possa avere gli straordinari effetti che decantano gli omeopati?
Dico STRAORDINARI perchè non solo questa dinamizzazione “provoca la liberazione dell’energia di un farmaco”, ma anche perchè, allo stesso tempo, non “energizza” tutte le altre componenti molecolari contenute nell’acqua!
Certo perchè l’acqua purissima al 100%, composta di solo H2O, non esiste in natura, c’è sempre qualche impurità. E quelle impurità “dinamizzate” che fine fanno?
Quando si prepara un prodotto omeopatico dove si preleva l’acqua? Come si evita che essa si “ricordi” del passaggio nelle tubature, delle impurità del flacone, delle molecole dell’aria con cui inevitabilmente verrà in contatto tra una diluizione e l’altra? Come si evita che durante la succussione moltissimi atomi del recipiente stesso entrano a far parte della soluzione?
Taglio corto: basta usare la logica per capire che diluizione+succussione è un rito sciamanico senza alcun fondamento scientifico.
Però funziona… o no?
Arriviamo al nocciolo del problema.
Moltissime persone (milioni solo in Italia) fanno largo uso di rimedi omeopatici e, spesso, restano piuttosto soddisfatti dei risultati che ottengono, tanto da continuare a spendere anche ingenti somme pensando di prevenire o curare alcune tipologie di malattie.
Ma allora l’omeopatia funziona e l’unico problema è che non riusciamo a capire il perchè? La risposta è NI.
Prima di spiegare il perchè di questa risposta, bisogna fare una breve digressione: cos’è e come funziona la scienza?
- La scienza è l’insieme di conoscenze che sono state ottenute con un processo metodico e sistematico allo scopo di giungere ad una descrizione, precisa e oggettiva, della realtà delle cose e delle leggi che le regolano (wiki).
- Lungi dall’essere perfetta, la scienza non può rispondere a tutte le domande e non è in grado di dimostrare verità assolute. Ma non ha nemmeno l’arroganza di farlo. Infatti pur compiendo continuamente degli errori, la scienza ne ammette la correzione: questo è il progresso.
È chiaro a tutti che l’omeopatia viola entrambi i precedenti assunti: non è capace di descrivere oggettivamente il suo (ipotetico) funzionamento ed è di fatto contro ad ogni progresso: si basa ulla tradizione e sulle idee del 1800 del suo fondatore-profeta Hahnemann. Da quegli anni non è cambiato praticamente nulla, mentre la scienza “ufficiale” ha fatto passi da gigante raddoppiando la speranza di vita a miliardi di persone.
Partendo da questi presupposti ed applicando il metodo scientifico all’omeopatia, possiamo quindi tranquillamente affermare che l’omeopatia NON funziona.
Il metodo scientifico infatti, applicato alla biologia e alla medicina, consiste nell’effettuare degli studi statisticamente validi e ripetibili.
Quando l’omeopatia ha cercato di farsi validare dalla scienza ha fallito perchè le più serie e dettagliate analisi dei tantissimi studi effettuati negli ultimi decenni non ne hanno mai rilevato l’efficacia. Alcuni altri studi, apparentemente a favore dell’omeopatia, si sono in seguito scontrati sull’ostacolo della ripetibilità (uno studio che sostiene certi risultati ma non viene replicato con successo da altri ricercatori… non vale NULLA), e in ogni caso non hanno retto all’analisi delle più prestigiose riviste medico-scientifiche.
Fondamentali (e conclusive fino a prova contraria) sono le meta-analisi eseguite dalla più prestigiosa rivista medica al mondo (The Lancet).
Come potete leggere direttamente dal sito di PubMed (qui) o dalla più fruibile analisi di evolutipersbaglio (qui), nel 2006 The Lancet, dopo attenta analisi dei migliori studi sull’omeopatia, ha sentenziato: “When the analysis was restricted to large trials of higher quality, the odds ratio was 0.88 (95% CI 0.65-1.19) for homoeopathy (eight trials) and 0.58 (0.39-0.85) for conventional medicine (six trials).”
Che, tradotto e semplificato significa “quando l’analisi è stata fatta sugli studi di qualità più alta i risultati per i rimedi omeopatici sono stati all’interno di una forchetta 0,65-1,19 mentre la medicina convenzionale 0,39-0,85”. Sapendo che un risultato inferiore ad “1” indica che l’efficacia è dimostrata, è chiaro che l’omeopatia risulta essere statisticamente compatibile con l’effetto placebo (effetto che si ottiene dando “acqua” ai pazienti facendo finta che sia un medicinale).
Una simile analisi, ma eseguita nel 2007, ha dato lo stesso risultato: l’omeopatia è placebo, non ha reali effetti sull’organismo (articolo del Corriere della Sera).
Non vi basta?
Nel 2010 il comitato scientifico del Parlamento inglese ha pubblicato una ricerca sull’omeopatia che si conclude con un “there is no evidence that homeopathy works beyond the placebo effect”, “the evidence base shows that homeopathy is not efficacious” e addirittura “further clinical trials of homeopathy could not be justified” (link).
Allora l’omeopatia non funziona, caso chiuso?
In realtà no, l’omeopatia FUNZIONA eccome, ma ha la stessa efficacia dell’effetto placebo. Solo il fatto di ricevere una cura e la volontà di stare meglio ci predispone positivamente verso l’effettiva guarigione.
Dato che una gigantesca fetta delle malattie sono psicosomatiche, prendere un bicchiere d’acqua essendo convinti che sia un rimedio valido può essere più che sufficiente per iniziare a farci stare meglio.
Ovviamente anche la medicina tradizionale si avvale moltissimo dell’effetto placebo, ma l’omeopatia ci costruisce attorno tutta la propria efficacia e… ci fa anche parecchi soldi. Di questo ne parlerò in dettaglio nel prossimo articolo, quindi rimando la discussione… per ora.
Solo una battuta, per evitare fraintendimenti: regimi di puro placebo che cercano di soppiantare la medicina ufficiale sono terribilmente pericolosi.
Accendiamo il cervello e curiamoci solo quando veramente necessario, ma con la medicina che funziona!
Per tutto il resto, c’è Vanna Marchi.
Precedenti articoli: prima parte, seconda parte.
Riferimenti e approfondimenti:
CICAP: speciale omeopatia
Ben Goldacre: The end of homeopathy?
“Corriere della Sera” a proposito di agopuntura
The Lancet e PubMed
How are homepathic Remedy Made?
Thanks to: Giovanni Gardini